Velo di rosso cremisi
sulle mie spalle curve
piegate sotto a ruote
di lunghe lune rosse.
Medici ed anticamere
per vecchie sofferenze
in notti vuote e cave
col cuore all’impazzata
che chiede di tornare
ai giorni del riposo
tra tutte le compagne
che vivono la gemma
di un sole che ritorna
soltanto quando è giorno.
Ti vedo da lontano
disteso tra la folla,
promessa di rubino
per donna senza gioie
ma sola con rimpianti
di una stranezza cupa
e pena imbavagliata.
Consegno nel mio tocco
la sola mia pienezza
a un lembo di mantello
che so che ti appartiene:
il tatto è una parola
che non so pronunciare
consunta da uno strazio
che più non mi appartiene.
Mi arresto e il mio dolore
si spezza come pietra
che viene decorata
da uno scalpello nuovo
che segna questo tempo
di tutto il suo vigore.
Mi vedi e poi mi accogli
ma io posso mostrare
soltanto il luccichio,
velato e scolorito,
di anni indeboliti
che non sanno di vita.
Ti temo e poi avverto
che tu mi sai spiegare
il senso di quel tocco,
gentile e disperato,
di donna che a un mantello
concede autorità,
sapendo che il Tuo Corpo
è stoffa troppo sacra…
Così lo scambio è premio
di fede consolata
in semplice pienezza
di manto ricamato.